Una visita guidata agli studenti vittoriesi per il Giorno della Memoria

L’iniziativa è organizzata dal Comune di Vittorio Veneto (Assessorato alle Politiche Scolastiche) e dall’ISREV (Istituto per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea del Vittoriese).

Itinerari sui luoghi della presenza ebraica a Vittorio Veneto e della Shoah. 
Nell’ambito delle iniziative predisposte dall’assessorato alle politiche scolastiche del comune di Vittorio Veneto  in occasione del giorno della memoria 2023, si terranno nei giorni di martedì 24 Gennaio e giovedì 26 Gennaio, con partenza alle ore 9.00 da Piazza San Francesco, una serie di visite guidate nell’ex area del Ghetto di Ceneda, già luogo della presenza ebraica a partire dalla seconda metà del 1500.
“Abbiamo il dovere di ricordare e far conoscere ai giovani eventi che hanno tragicamente segnato la nostra storia, anche locale. Oggi più che mai, imparare dal passato è un modo per non ricadere negli stessi errori e orrori”, dice Antonella Caldart, assessore responsabile del progetto.
L’iniziativa è strettamente riservata agli alunni delle classi degli Istituti Scolastici che hanno aderito all’iniziativa (l’Istituto Comprensivo di istruzione secondaria di 1° Grado Vittorio Veneto I e l’Istituto Professionale per i Servizi  Alberghieri e la Ristorazione “Alfredo Beltrame”) ed è  realizzata in collaborazione con ISREV (leggi: Istituto della Resistenza di Vittorio Veneto)  che già da molti lustri organizza attività e momenti di riflessione in questa giornata, quali per esempio  gli incontri con i Giusti Giorgio Perlasca, Giuseppe Vascellari  nonché i corti dello storico e regista Giuseppe Muroni di Ferrara, autore per l’Istituto dell’Enciclopedia Treccani di tre web serie di cortometraggi centrati sugli anni cruciali del Secolo Breve.
In questa edizione l’iniziativa si avvale del contributo di tre relatori: l’architetto Maria Cristina Scalet, funzionaria del Comune di Vittorio Veneto e da vari lustri operante nell’ambito della valorizzazione dei Beni Culturali  e della promozione nel territorio,  il prof. Pier Paolo Brescacin, autore di numerosi studi su quegli anni nonché direttore scientifico dell’Istituto della Resistenza e il socio ISREV Andrè Tonin, cultore di storia ebraica. 
In particolare gli alunni saranno condotti quasi per mano a individuare i vari edifici che furono teatro, a partire dal 1597, data dell’istituzione della prima comunità a Ceneda, della presenza ebraica in città: le due sinagoghe, i magazzini, i vari edifici abitativi tra cui la casa di un personaggio come Emanuele Conian o  Conegliano, poi diventato Lorenzo Da Ponte, celebre librettista di Mozart, dei quali l’architetto Scalet illustrerà le caratteristiche architettoniche, gli usi sedimentatisi nel corso del tempo, lo stato di conservazione e soprattutto  il loro inserimento nel contesto urbano. 
Pier Paolo Brescain  parlerà invece delle  storie degli uomini e delle donne che  abitavano “il Ghetto” negli  anni 1943-1945, quando appunto Vittorio Veneto, come tutto il Nord Italia, venne occupato dai tedeschi e vide la presenza del rinato governo neofascista della  Repubblica Sociale Italiana, che ancora in data 14 Novembre 1943 approvò a  Verona un manifesto politico in cui ripristinava la legislazione razziale del 1938 e l’arresto, la requisizione di ogni bene e l’internamento di tutta la popolazione ebraica italiana, inclusa quella del vittoriese. 
Come dire: una morte annunciata nei confronti delle tre ultime cittadine vittoriesi di fede ebraica residenti nel Ghetto: le sorelle Amina, Regina e Sara Valenzini, rispettivamente di 75, 85 e 88 anni, visto e concesso che i campi di internamento italiano erano solo una tappa di transito per  i campi di sterminio in Germania e per la soluzione finale. 
Solo grazie all’iniziativa di un emerito concittadino [leggi: il dottor Giuseppe Vascellari] che di sua personale iniziativa escogitò l’abile stratagemma di ricoverarle come pazienti nel reparto infettivi dell’Ospedale cittadino della Confraternita dei Battuti dove il Nostro prestava la sua opera, esse poterono salvarsi dalla deportazione e arrivare sane e salve alla Liberazione.